“Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda – diceva Impastato 40 anni fa -. Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi, prima di abituarci alle loro facce, prima di non accorgerci più di niente”.

Eppure non abbiamo saputo resistere, ne fare tesoro delle sue parole, nonostante le decine di commemorazioni, le centinaia di articoli e citazioni che oggi, in tutto il paese, verranno sbandierate ai quattro venti, le parole di chi ha dato la vita per contrastare queste logiche, sono rimaste inascoltate e disattese. Ci siamo abituati!

Tutto è rimasto come prima, anzi, peggio di prima; sono praticamente inesistenti le voci fuori dal coro ed alcuni, addirittura, quando mettono in evidenza i meccanismi mafiosi utili solo agli “amici degli amici”, lo fanno solo perché i loro amici sono altri. Abbiamo plaudito alla fine della prima repubblica, come se quel momento storico fosse per noi una sorta di liberazione, senza accorgerci che stavamo cadendo dalla padella alla brace (non che la padella fosse meglio). E’ “Mafiosamente” assordante il silenzio con cui le televisioni di stato hanno trattato le sorti del processo che ha portato alla sentenza sulla trattativa stato-mafia, il cofondatore di “Forza Italia” Marcello Dell’Utri condannato a 12 anni; trattativa che per dirla con le parole di Di Matteo: “Ex senatore cinghia di trasmissione tra Cosa nostra e Berlusconi”, ha creato dei legami ancora più stretti tra settori criminali del paese e le istituzioni. E’ “Mafiosamente” crudele l’atteggiamento con cui si riconoscono le richieste dell’unione europea, se queste sono utili a certe corporazioni, e si disconoscono i richiami (Es. il caso dei pesticidi vietati in europa ma introdotti a forza nel “decreto Martina” per la Xylella). Queste collusioni, questa corruzione morale, queste dinamiche “epidemiche” (per rimanere in tema), contagiose, ungenti, che tanto Peppino Impastato cercava di smascherare e con sagace ironia portava alla ribalta nella sua Radio Aut, ancora pervadono il nostro paese ed ancora influenzano la nostra storia.

Quarant’anni fa moriva Peppino Impastato, fatto saltare in aria sulle rotaie della ferrovia di Cinisi (Palermo) per far credere che il criminale fosse lui. Non è cambiato nulla!

Scusaci Peppino!

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